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All’aeroporto di Minsk ci attende un piccolo autobus completo di autista ed interprete; non ha portabagagli, così ci stringiamo come sardine, preparandoci borbottando allo scomodo viaggio per Orsha. 

La strada è una desolata quattro corsie popolata soltanto da camion e solitarie pattuglie della polizia, circondata da boschi, neve e gruppi di casette di legno col tetto in velenoso eternit. Non ci sono delle vere e proprie strade a collegarle all’arteria principale, e chiedo all’interprete chi ci abiti e di cosa vivano gli abitanti. Evgeni risponde che sono dacie, abitazioni estive di campagna.

Non possono essere tutte dacie, ci sono dei villaggi là fuori, paesini dispersi nella neve ed evidentemente abitati. Insisto nella mia domanda, e mi sento rispondere: “Oh, ci sono anche contadini, e vecchi...” 
Vecchi? Cosa significa?
“Nelle città la mafia butta i vecchi fuori dagli appartamenti, per poi rivenderli. Allora si rifugiano in campagna...”
Non riesco neppure a commentare una risposta del genere, rimango silenzioso, sperando che mi stia prendendo in giro.

Ad una ventina di chilometri da Orsha abbandoniamo la strada principale, attraversando gruppi di case e villaggi. L’asfalto è semidistrutto, fangoso, solcato da crepe e pieno di ghiaccio. Superiamo parecchi carri trainati da cavalli, e la gente ci guarda con occhi chiari e severi, camminando lentamente, evitando pozzanghere e mucchi di neve grigia, infagottati in pesanti cappotti e cappelli di pelo. I loro occhi mi penetrano: in tasca ho quattrocento dollari, una cifra che molti di loro non guadagnano neppure in un anno intero...

Orsha doveva essere un centro industriale, ma ora rimangono solamente fabbriche vuote dai vetri rotti e scheletri anneriti di grandi strutture, ricordo di quando esisteva l’U.R.S.S. 

I rottami dell’Impero ci circondano, coperti dalla polvere del disfacimento ancora in atto, cavalli trascinano carri carichi di persone, ai semafori auto arrugginite borbottano fumando, e cumuli di eterna neve sui marciapiedi, pozzanghere nelle spaccature dell’asfalto, ed ancora neve dovunque, solamente neve ed aria tagliente. 

Siamo a metà aprile: ma la primavera qui, quando arriva?